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Psicoterapia familiare


Uno dei principali contributi dell’approccio della terapia familiare, che si deve alla teoria “sistemica” è il concetto di “sistema relazionale”, secondo il quale il singolo individuo è visto come un’entità biologica e psicologica a sé stante, le cui reazioni sono determinate dalle regole dell’intera unità familiare di appartenenza. Molte di queste regole sono implicite ed i membri della famiglia non ne sono consapevoli, esse possono manifestarsi attraverso modelli di organizzazione, inconsciamente strutturati e condivisi, e tali da influenzare tutti i membri del sistema.
Il modello cui maggiormente facciamo riferimento nell’intervento di psicoterapia familiare e’ quello trigenerazionale. Questo approccio tiene conto della dimensione storica-evolutiva del sistema con cui il terapeuta interagisce, sia per quanto riguarda l’individuo portatore del disagio, sia per gli altri membri della famiglia. L’approfondimento della storia dei rapporti che si creano nel tempo tra persone appartenenti allo stesso piano generazionale, si connette a quella dei rapporti tra figure appartenenti a piani generazionali diversi.
La convocazione della famiglia d’origine, sia nelle terapie familiari di famiglie con figli piccoli o adolescenti che nelle terapie di coppia, rappresenta una pietra miliare dell’evoluzione di ogni terapia che si strutturi secondo il modello trigenerazionale. Lavorando con il modello trigenerazionale si può verificare quanto la terza generazione con tutta la messe di valori, mitologie, credenze ect. rappresenti la radice nella quale crescono i legami successivi, e che il riconoscimento del senso profondo di distorsioni o inversioni generazionali, così frequentemente causa di conflitti e distacchi affettivi tra genitori e figli, può avvenire proprio attraverso la connessione degli attuali comportamenti con i processi di sviluppo dei genitori nelle rispettive famiglie di origine. Lavorare con in testa il modello trigenerazionale permette di individuare precocemente quelle che Andolfi definisce “terapie di coppia camuffate”, vale a dire terapie in cui la richiesta di intervento è fatta per un bambino o adolescente problematico, ma nelle quali appare chiaro come questo figlio, attraverso il suo disagio, non faccia altro che “portare” i genitori in terapia, costringendoli a confrontarsi con le loro difficoltà di coppia.  E ancora, molti figli che assumono precocemente funzioni genitoriali possono essere il risultato di genitori immaturi che non hanno ancora sciolto il loro vincolo di figli; è questa la posizione rilevabile in quegli adulti incapaci di uscire da una forma di soggezione intergenerazionale nei confronti dei propri genitori.
Tale situazione attiverebbe un sentimento di dipendenza affettiva minando il processo di crescita individuale e limitando il senso di autorevolezza personale, con il rischio che siano danneggiate sia la qualità dell’intimità di coppia sia la funzione genitoriale con i propri figli.
Qualsiasi evento trigenerazionale assume un significato diverso tanto più si riesce a storicizzarlo e ad usarlo come veicolo di comprensione del mondo relazionale della famiglia.
E’ necessario formulare un progetto terapeutico in cui la famiglia si senta, da subito, protagonista, spinta a ricercare la comprensione di un dato problema e le direttive di cambiamento. La terapia servirà ad introdurre e a lasciare i clienti con nuovi interrogativi, domande aperte, che nel tempo potranno rendere possibili processi trasformativi evolutivi, sia a livello individuale sia relazionale. Muta, quindi, il ruolo del terapeuta che ha perso molto della sua centralità per divenire colui che collabora con la famiglia al fine di attivare le risorse intergenerazionali e favorire la ricomposizione delle distanze relazionali tra i vari componenti.
La terapia potrà essere considerata conclusa quando una famiglia sarà in grado di utilizzare le proprie risorse e le proprie energie in modo autonomo, avendo appreso e fatto proprio un metodo di lavoro che le permette di essere competente sui problemi attuali e di sentirsi equipaggiata per affrontare nuove crisi evolutive. La famiglia si riappropria, cioè, del suo tempo evolutivo senza che risorse ed energie debbano necessariamente ruotare intorno all’evento sintomatico o alla difficoltà relazionale, per i quali era stata formulata.


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