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Disturbi della famiglia


La gran parte del lavoro clinico, oltre che sul conflitto di coppia, si incentra sulla dinamica relazionale con i figli, così frequentemente alla base di sintomi di cui bambini e adolescenti si fanno “portatori”. Molto spesso un genitore che non ha risolto i suoi conflitti con la generazione precedente si può trovare ad effettuare spostamenti e proiezioni o altri atteggiamenti inadeguati verso i suoi stessi figli. Quanto più tali conflitti sono negati, tanto rischieranno di caricare e danneggiare  i figli nella famiglia nucleare.
Quando ai bambini non è permesso di essere tali, questi devono rimuovere o negare le proprie esigenze; così ipercaricati, per la profonda fedeltà ai genitori, accettano di svolgere ruoli inadeguati e patogeni. I loro tentativi di rispondere alle richieste genitoriali sono per definizione insoddisfacenti, perché un bambino non può sciogliere un “nodo” familiare o annullare le ingiustizie subite da un genitore.
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DISFUNZIONI FAMILIARI

Molte sono le disfunzioni familiari che si esprimono attraverso un rapporto alterato tra genitori e figli, sbilanciando la relazione tra le due generazioni. Tali rapporti disfunzionali devono e possono essere oggetto di una psicoterapia familiare.
Vediamone alcuni.

Figlio capro espiatorio e identità negativa. La formazione di un capro espiatorio, cioè l’attribuzione ad un membro della famiglia di un ruolo di “cattivo”, può assolvere diversi scopi in seno alla famiglia. Accusando e rifiutando un individuo il resto dei membri della famiglia rafforzano la propria alleanza reciproca, quasi che l’unica forma di interazione possibile sia quella di attribuire ad un individuo il ruolo di cattivo.
Anche la discordia coniugale può essere mascherata dall’assegnazione ad un figlio di un ruolo negativo; analogamente i conflitti con un figlio “cattivo” possono mascherare i problemi irrisolti di separazione dalla famiglia d’origine.
Molti casi di delinquenza infantile e adolescenziale corrispondono al meccanismo di creazione del capro espiatorio. In questo caso il ruolo di cattivo è rafforzato dalla disapprovazione da parte della società.
Figlio come partner sessualizzato. In alcune famiglie gravemente in difficoltà si possono avere rapporti seduttivi, di tipo incestuoso. In molti casi i rapporti tra i coniugi sono poco frequenti o mancano del tutto: tale condizione può derivare dalla rabbia e dalla delusione di un partner verso l’altro, originariamente scelto come oggetto idealizzato, considerato in grado di ripagare la deprivazione emotiva subita nella propria famiglia d’origine.
Cercando il figlio come partner sostitutivo, lo si pone in una condizione di sfruttamento, un oggetto da utilizzare per azioni di rappresaglia nonché per gratificazione narcisistica.
Figlio beniamino. Il beniamino è considerato nella famiglia come il figlio spensierato e non- sintomatico, non crea problemi e aderisce ai compiti in modo esemplare. In realtà le sue emozioni e le sue esigenze sono negate, minimizzate. L’auto-stima soggiacente è bassa ed il prezzo che paga per manifestare costantemente accettazione e affetto per gli altri, è la rinuncia a sé e ad un ruolo di maggiore rilievo nella famiglia.




Figlio come oggetto prigioniero. Alcune coppie coniugali costruiscono un rapporto talmente simbiotico da escludere i figli al punto che le richieste e le esigenze di questi ultimi vengono vissute come indebite intrusioni. Anche se le esigenze fisiche di questi figli vengono soddisfatte, le loro emozioni sono ignorate e sconfermate. I figli, a causa della lealtà familiare, rimangono in uno stato di “prigionia”: usano le loro energie non già per la crescita psicologica ma per aggredire i genitori e richiedere loro un riconoscimento emotivo mai ottenuto.
Figlio genitorializzato. La genitorializzazione costituisce un tentativo di ricreare il rapporto passato con un proprio genitore nell’attuale rapporto con i figli. Fintantoché l’atteggiamento di genitorializzazione non costituisce un serio limite alla crescita e all’autonomia di un figlio, esso può essere considerato normale; attraverso tale processo, infatti, un figlio impara ad identificarsi in ruoli responsabili, necessari alla sua vita futura. La genitorializzazione diventa invece patogena se rigida, prolungata e talmente pervasiva da ostacolare il processo di individuazione; può essere un fattore di rischio di molte manifestazioni di patologia individuale. Il figlio paga un prezzo alto per il rango che gli è assegnato: il costo di questa posizione è il blocco dello sviluppo e dell’autonomia individuale. Un figlio a lungo genitoralizzato, infatti, può avere serie difficoltà nel prendere in considerazione nuovi impegni affettivi, quali il matrimonio o l’essere a sua volta genitore in quanto ciò potrebbe portarlo a violare il mandato di prendersi cura della sua famiglia di origine.

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